IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 327 del 2012, proposto da Anphora Coop. Sociale A.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Tomaselli, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Reggio Calabria, via del Crocifisso n. 58, contro Asp - Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituit, per l'ottemperanza al giudicato formatosi in relazione ai decreti ingiuntivi n. 940 del 18 agosto 2010 e n. 223 del 22 febbraio 2011 emessi dal Tribunale di Reggio Calabria per forniture di prestazioni di riabilitazione estensiva rese dalla ricorrente in favore degli assistiti del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2009, 2010 e 2011. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2012 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1) Con il ricorso in esame, notificato il 20 giugno 2012, parte ricorrente ha chiesto l'ottemperanza ai decreti ingiuntivi n. 940 del 18 agosto 2010 e a 223 del 22 febbraio 2011 emessi dal Tribunale di Reggio Calabria per forniture di prestazioni di riabilitazione estensiva rese dalla ricorrente in favore degli assistiti del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2009, 2010 e 2011. Con i provvedimenti monitori, notificati all'ASP di Reggio Calabria rispettivamente in data 20 ottobre 2010 e 24 marzo 2011, e' stato ingiunto il pagamento della somma complessiva di euro 6.736.539,44, oltre interessi legali dal dovuto al saldo, nonche' spese e competenze di procedura. In particolare, parte ricorrente, a fronte del mancato pagamento di tali importi, ha chiesto al Tar di disporre l'esecuzione del giudicato che discende dai predetti decreti ingiuntivi. L'ASP non si e' costituita in giudizio. Come risulta dalle relative attestazioni della Cancelleria del Tribunale civile di Reggio Calabria, entrambi i decreti ingiuntivi sono divenuti definitivamente esecutivi rispettivamente in data 23 dicembre 2010 e 23 maggio 2011, ovvero prima dell'instaurazione del presente giudizio e, pertanto, alla luce di consolidata giurisprudenza in ordine all'efficacia di cosa giudicata dei decreti ingiuntivi non opposti, parte ricorrente ha adito questo TAR, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. amm. Tuttavia viene in rilievo in senso ostativo all'ammissibilita' dell'azione la disposizione di cui all'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 12 dicembre 2010, nel testo modificato dall'art. 6-bis, comma 2 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che cosi' dispone: "Al fine di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti oggetto della ricognizione di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonche' al fine di consentire l'espletamento delle funzioni istituzionali in situazioni di ripristinato equilibrio finanziario per le regioni ,gia' sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai Sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e gia' commissariate alla data di entrata in vigore della presente legge, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche ai sensi dell'articolo 112 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato l al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2013. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni di cui al presente comma alle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, ancorche' effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, sono estinti di diritto dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Dalla medesima data cessano i doveri di custodia sulle predette somme, con obbligo per i tesorieri di renderle immediatamente disponibili, senza previa pronuncia giurisdizionale, per garantire l'espletamento delle finalita' indicate nel primo periodo". Deve infatti rammentarsi che l'art. 22, comma 4, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (convertito con modificazioni con legge 3 agosto 2009, n. 102) ha imposto alla Regione Calabria di predisporre un Piano di rientro, contenente misure di riorganizzazione e riqualificazione del Servizio sanitario regionale, da sottoscriversi con l'Accordo di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, nonche' a provvedere a quanto previsto dall'art. 1, comma 174 della medesima legge. Conseguentemente con DGR n. 845 del 16 dicembre 2009 (pubblicata sul Bollettino ufficiale n. 5 del 16 marzo 2010) la Regione Calabria ha approvato il Piano di riqualificazione e razionalizzazione del Servizio sanitario per gli anni 2010-2012 e, successivamente, con DGR n. 908 del 23 dicembre 2009 (pubblicata nel medesimo Bollettino ufficiale) ha approvato l'accordo, ai sensi dell'art. 1, comma 180, legge 311/2004, sottoscritto con i Ministeri della salute e dell'economia in data 17 dicembre 2009. Con delibera del Consiglio dei Ministri del 30 luglio 2010 il Governo ha nominato il Presidente pro-tempore della Giunta regionale della Calabria quale Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario. La situazione giuridica e di fatto in cui versa la Regione Calabria, in relazione al disavanzo sanitario, comporta l'applicazione dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010, onde l'inammissibilita' dell'azione di ottemperanza. La ricorrente ha sostenuto al riguardo che tale norma non si applicherebbe al giudizio di ottemperanza avanti il giudice amministrativo, invocando a tal fine precedenti giurisprudenziali in tal senso, ed in particolare la sentenza del TAR Milano n. 1573/2011. Il Collegio rileva che tale interpretazione (peraltro non condivisa da questo Tribunale - cfr. TAR Reggio Calabria ordinanza n. 23 dell'11 gennaio 2012) non puo' essere sostenuta, specie a seguito della modifica all'art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010, apportata dall'art. 6-bis del decreto-legge n. 158/2012. La disposizione citata (il cui testo e' stato integralmente riportato in precedenza), include espressamente tra le azioni esecutive che non possono essere intraprese o proseguite nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, anche l'ottemperanza di cui all'art. 112 c.p.a., precisando che tale preclusione ha effetto fino al 31 dicembre 2013. 2) Chiarito che anche il giudizio di ottemperanza e' soggetto ai termini di sospensione previsti dall'art. 1, comma 51, della legge n. 220/2010, come modificato dall'art. 6-bis del decreto-legge n. 158/2012, il Collegio ritiene che vi siano i presupposti per la rimessione della questione alla Corte costituzionale, sussistendo seri dubbi in ordine alla legittimita' costituzionale della disposizione richiamata. In tal senso peraltro si e' gia' espresso il T.A.R. Salerno, Sez. 1, con le ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale n. 1479 e n. 1481, entrambe del 7 settembre 2011, nonche' il T.A.R. Napoli Sez, IV con ordinanza n. 5813 del 14 dicembre 2011, che questo Tribunale condivide e di cui verranno in gran parte riprese le motivazioni. Il Collegio, pur ravvisando l'identita' delle questioni di costituzionalita', ritiene di dover rimettere autonomamente la questione alla Consulta, in quanto le ordinanze di rimessione adottate dagli altri TAR riguardano ricorsi per l'ottemperanza instaurati prima dell'intervenuta modifica dell'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010 ad opera dell'art. 6-bis del decreto-legge n. 158/2012, e pertanto le relative questioni sono formalmente riconducibili al testo della norma antecedente alla suddetta modifica. 2.1) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. Se il Collegio non dubitasse della compatibilita' costituzionale della disposizione in esame, la pretesa della ricorrente sarebbe, fino al 31 dicembre 2013, inammissibile, dovendo farsi applicazione nel presente giudizio dell'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010, nel testo modificato dall'art. 6-bis del decreto-legge n. 158/2012. Pertanto si rende necessario sollevare in questa sede la questione di costituzionalita', atteso che soltanto a seguito del suo accoglimento sarebbe consentito al Tribunale di pronunciarsi in ordine alla pretesa sostanziale fatta valere dalla ricorrente, pretesa che, allo stato, appare fondata nel merito, atteso che, in base all'art. 4, comma 2, della legge n. 2248/1865, Allegato E, la Pubblica amministrazione ha un vero e proprio obbligo giuridico di conformarsi al giudicato dei Tribunali e che, per costante giurisprudenza (Cass. 7 ottobre 1967, n. 2326; Cass. 27 novembre 1973, n. 3244; Cass. 26 ottobre 1974, n. 3175), il decreto ingiuntivo non opposto acquista, al pari di un'ordinaria sentenza di condanna, autorita' ed efficacia di cosa giudicata, in relazione al diritto in esso consacrato, come si evince dagli artt. 647 e segg. c.p.c. 2.2) Sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita'. Appare opportuno premettere una ricostruzione del quadro normativo di riferimento. Al riguardo, si rammenta che l'art. 2, comma 89, della legge n. 191 del 23 dicembre 2009 (legge finanziaria 2010), per un periodo di dodici mesi decorrenti dalla sua data di entrata in vigore (1° gennaio 2010), impediva ai creditori di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie od ospedaliere delle regioni che avessero sottoscritto i piani di rientro ai sensi dell'art. 1, comma 180, della menzionata legge n. 311 del 2004, cio' allo scopo di conseguire gli obiettivi sottesi ai piani medesimi, volti ad aggredire i disavanzi verificatisi nel settore sanitario, La norma stabiliva inoltre che i pignoramenti, eventualmente eseguiti, non avrebbero vincolato gli enti debitori e i tesorieri, i quali avrebbero potuto ugualmente disporre delle somme per i loro fini istituzionali. Quest'ultima previsione introduceva un meccanismo retroattivo in grado di rendere del tutto inefficaci i pignoramenti eseguiti in data antecedente all'entrata in vigore della legge e di consentire agli enti debitori di rientrare nella piena disponibilita' delle somme dovute, ancorche' pignorate (cd. "svincolo delle somme"). Le perplessita' legate ai probabili profili di illegittimita' costituzionale e di contrasto con la normativa comunitaria hanno indotto il legislatore a modificare la disposizione citata con l'art. 1, comma 23-vicies del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (c.d. decreto Milleproroghe, convertito con modificazioni nella legge n. 25 del 26 febbraio 2010), il quale ha ridotto da dodici a due mesi l'efficacia temporale del blocco delle azioni esecutive. In virtu' di questa modifica, a partire dal 1° marzo 2010 veniva ripristinato il diritto dei creditori di agire in giudizio per il soddisfacimento delle pretese vantate nei confronti delle aziende sanitarie ed ospedaliere debitrici. Sennonche', la situazione di deficit complessivo del sistema sanitario e le difficolta', da parte delle aziende sanitarie ed ospedaliere, di raggiungere l'auspicato riequilibrio economico-finanziario, hanno indotto il legislatore ad intervenire nuovamente. L'art. 11, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni con legge 30 luglio 2010, n. 122, ha stabilito infatti che "Per le regioni gia' sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e gia' commissariate alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi dei medesimi piani di rientro nella loro unitarieta', anche mediante il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti accertati in attuazione dei medesimi piani, i Commissari ad acta procedono, entro 15 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, alla conclusione della procedura di ricognizione di tali debiti, predisponendo un piano che individui modalita' e tempi di pagamento. Al fine di agevolare quanto previsto dal presente comma ed in attuazione di quanto disposto nell'Intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 3 dicembre 2009, all'art. 13, comma 13, fino al 31 dicembre 2010 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime". Questa nonna - rispetto all'art. 2, comma 89, legge n. 191 del 2009 - presentava la novita' sostanziale di non contemplare piu' lo "svincolo delle somme". In seguito, il legislatore - con l'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010 - ha riproposto la precedente disposizione nella sua interezza, posticipando pero' al 31 dicembre 2011 il termine sino al quale non potevano essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime ed ha reinserito il principio secondo cui i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni alle aziende sanitarie locali e ospedaliere, effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, non producevano effetti dalla suddetta data fino al 31 dicembre 2011 e non vincolavano gli enti del Servizio sanitario regionale (ed i loro tesorieri), i duali potevano disporre, per le loro finalita' istituzionali, delle somme ad essi trasferite durante il suddetto periodo. L'art. 17, comma 4 lett. e), decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (entrato in vigore il 6 luglio 2011) convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha modificato il suindicato articolo 1, comma 51, legge n. 220 del 2010, prorogando al 31 dicembre 2012 il termine sino al quale non potevano essere intraprese o proseguite azioni esecutive e quello sino al quale i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni alle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, producevano effetti e non vincolavano gli enti del Servizio sanitario regionale ed i tesorieri. Infine, l'art. 6-bis, comma 2, lett. a) e b), decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, ha ulteriormente modificato la disposizione di cui all'art. 1, comma 51, legge 220/2012, fissando al 31 dicembre 2013 il termine sino al quale non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive, comprendendo espressamente tra queste anche le azioni di ottemperanza di cui all'art. 112 del codice del processo amministrativo. Ha inoltre stabilito che i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni alle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, ancorche' effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, sono estinti di diritto dalla data di entrata in vigore della disposizione di cui al decreto-legge 158/2012. Dalla medesima data cessano i doveri di custodia sulle predette somme, con obbligo per i tesorieri di renderle immediatamente disponibili, senza previa pronuncia giurisdizionale, per garantire l'espletamento delle finalita' indicate nel primo periodo. Illustrato il quadro normativo di riferimento, il Collegio e' dell'avviso che, per quanto la disposizione contenuta all'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010, cosi' come modificata prima dall'art. 17, comma 4, lett. e), decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, e, successivamente, dall'art. 6-bis, comma 2 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, sia ispirata dall'intento di contribuire al risanamento, nel settore sanitario, dei bilanci deficitari delle Regioni, la stessa possa violare alcuni fondamentali principi di diritto, espressamente tutelati dalla Costituzione e dal diritto comunitario. Pertanto, avuto riguardo alla concreta incidenza della richiamata normativa sui diritti creditori di parte ricorrente, il Collegio ritiene - riprendendo gli assunti motivazionali delle suindicate ordinanze n.1479 d n.1481/2011 del T.A.R. Salerno e n. 5813/2011 del T.A.R. Napoli - che i dubbi sulla legittimita' costituzionale del citato art. 1, comma 51, legge 220/2010, nel testo in atto vigente, si presentino non manifestamente infondati con riferimento agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 41 e 111, comma 2, della Costituzione. L'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010, nel testo in atto vigente, presenta, innanzi tutto, aspetti di contrasto con l'art. 24, commi 1 e 2, e con l'art. 111, comma 2, della Costituzione, perche' introduce una norma speciale che elide la possibilita' della soddisfazione concreta ed effettiva dei diritti del creditore. L'entrata in vigore della citata disposizione ha di fatto reso inutile la possibilita', riconosciuta ai creditori, di agire in giudizio al fine di ottenere il soddisfacimento delle obbligazioni dagli stessi vantate nei confronti delle aziende sanitarie ed ospedaliere delle Regioni soggette a commissariamento per il risanamento del deficit finanziario in materia sanitaria. Cio' appare ancora piu' evidente ove si consideri che la norma contestata, nella formulazione vigente, ha addirittura dichiarato estinti di diritto i pignoramenti eseguiti in data antecedente all'entrata in vigore della legge e consente agli enti debitori di rientrare nella piena disponibilita' delle somme dovute, ancorche' pignorate. La norma, incidendo retroattivamente su posizioni consolidate per effetto di una procedura esecutiva giurisdizionale e vanificando il rimedio del giudizio di ottemperanza avanti il giudice amministrativo, si pone in evidente contrasto con il principio di effettivita' del diritto di difesa sancito dall'art. 24, commi 1 e 2 Cost., il cui esercizio viene impedito per un arco temporale (dal 31 maggio 2010 al 31 dicembre 2013, ossia per tre anni e sette mesi), che va oltre gli ordinari canoni della proporzionalita' e della ragionevolezza. Risulta altresi' violato il principio del giusto processo proclamato dall'art 111, comma 2, Cost., perche' la norma censurata, da un lato, altera la condizione di parita' tra le parti, ponendo l'amministrazione in una posizione di ingiustificato privilegio e, dall'altra, incide sulla ragionevole durata del processo. Non sembra deporre, in senso contrario, la considerazione secondo la quale il legislatore, con la norma contestata, avrebbe soltanto sospeso, per un tempo determinato, l'esercizio delle azioni esperibili dai creditori delle aziende sanitarie ed ospedaliere a tutela dei propri diritti, e cio' per consentire alle Regioni di rientrare dal dissesto finanziario ed evitare, nel frattempo, alle stesse, la pressione derivante dalle esposizioni debitorie delle aziende sanitarie ed ospedaliere. Per questa ragione e per un limitato intervallo di tempo, i debiti delle predette aziende sarebbero stati semplicemente congelati, e cio' a tutela dell'interesse pubblico al corretto andamento dei conti pubblici e, pertanto, a beneficio della collettivita'. E' facile sul punto ribattere che una mera sospensione del diritto di azione a tutela del proprio credito puo' produrre effetti considerevoli (se non addirittura dirompenti) sulla situazione economica e patrimoniale dei creditori, specie quando si tratti di imprese produttici di beni e/o erogatrici di servizi. Peraltro, l'efficacia limitata nel tempo di tale sospensione e' stata ed e' nei fatti smentita dalla prassi seguita dal legislatore che, negli scorsi anni e, da ultimo, con il recente decreto-legge n. 158/2012, e' ricorso allo strumento della proroga reiterata, allo scopo di mantenere in vita il regime speciale. Sicche', la fissazione (reiterata) di un termine finale di efficacia della norma derogatoria di diritto speciale appare sempre piu' spesso un meccanismo elusivo, al quale il legislatore ricorre per rendere in apparenza piu' "digeribili" delle misure legislative, volte in concreto a disattivare a tempo indeterminato - grazie all'espediente delle proroghe reiterate - l'efficacia del diritto ordinario. In senso contrario alla censura di violazione dell'art. 111, comma 2, Cost. potrebbe osservarsi che un'eventuale azione del creditore proposta nei confronti delle aziende sanitarie o ospedaliere, in presenza di una normativa che sospende il pagamento dei relativi crediti, sarebbe suscettibile di pronuncia di inammissibilita' in rito, salva la possibilita' di proporre nuovamente l'azione giurisdizionale, una volta che la normativa derogatoria abbia esaurito i suoi effetti per lo spirare del termine finale fissato per legge. In questo senso, un'eventuale lesione del principio della ragionevole durata del processo potrebbe eventualmente porsi soltanto per i ritardi registrati nel giudizio successivo,volto alla definizione del merito della questione. A questa osservazione e' facile tuttavia replicare che il principio della ragionevole durata del processo va sempre collegato alla pretesa sostanziale che si intende fare valere in giudizio. In altri termini, per valutare se un processo si e' svolto in tempi ragionevoli occorre considerare la durata complessiva della vicenda giudiziaria in relazione alla pretesa di diritto sostanziale per la quale il soggetto ha adito il giudice, essendo del tutto indifferente che per quella pretesa siano state proposte in successione una pluralita' di azioni. Risulta utile, in proposito, fare riferimento anche all'ordinamento comunitario. L'art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea del 7 dicembre 2000 (cd. Carta di Nizza), adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, garantisce, quale diritto dell'Unione, il diritto di ogni individuo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice indipendente ed imparziale ed entro un termine ragionevole. Sul punto, l'art. 6, 1° par., del Trattato di Lisbona sancisce che "L'Unione riconosce i diritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea del 7 dicembre 2000 (Carta di Nizza), adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati". Il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle amministrazioni sanitarie pubbliche di Regioni in dissesto, divieto operante, per effetto della sovrapposizione di normative succedutesi nel tempo, dal 31 maggio 2010 al 31 dicembre 2013 (ossia per tre anni e sette mesi, con probabilita' di ulteriori proroghe), sembra porsi in aperto contrasto con il diritto dell'individuo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale, da concludersi peraltro entro un termine ragionevole. La norma in discussione impedisce al creditore - persona fisica o giuridica che sia - l'esercizio del diritto soggettivo individuabile in una posizione giuridica di vantaggio consistente nel potere di agire nei confronti di altri soggetti, tra cui le pubbliche amministrazioni, per il soddisfacimento di interessi espressamente riconosciuti dall'ordinamento. L'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010, nel testo in atto vigente, presenta inoltre aspetti di contrasto con l'art. 3, comma 1, della Costituzione. A fronte dell'improcedibilita' dell'odierno ricorso per l'ottemperanza, il diritto di credito vantato in virtu' di un titolo esecutivo e' subordinato all'adozione di atti amministrativi aventi natura previsionale e programmatica ed, in quanto tali, di contenuto del tutto generico. Il creditore si trova quindi nell'impossibilita' di realizzare liberamente la propria attivita' economica, allo scopo di ricavarne un legittimo profitto, in particolare laddove operi nel territorio della Regione Calabria, con palese discriminazione rispetto ai creditori di aziende sanitarie ed ospedaliere ubicate, invece, in altre regioni per le quali un simile impedimento non sussiste. Ne deriva una evidente disparita' di trattamento, in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, comma 1, della Costituzione. Ne', in senso contrario, la previsione contenuta all'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010 nel testo in vigore appare assistita dai principi di ragionevolezza e di adeguatezza. Deve rilevarsi infatti che i debiti pregressi, sebbene sospesi, continuano a fare parte della massa passiva del bilancio contabile dell'ente e che, in ogni caso, essi dovranno essere pagati, essendo pero' incerto quando cio' si verifichera'. Di contro, va osservato che il risanamento potrebbe realizzarsi con strumenti alternativi di piu' ampio respiro, quali una seria attivita' programmatoria e di cooperazione tra Stato e Regione, secondo modalita' concordate, volte a scadenzare il contenimento e la razionalizzazione della spesa per il futuro (questa sarebbe la direzione indicata dall'art. 1, comma 180, della menzionata legge n. 311 del 2004). Una previsione legislativa, quale l'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010, nel testo vigente, che preclude la richiesta di adempimento sino ad una data determinata (piu' volte prorogata), non appare ne' adeguata ne' ragionevole perche', nel bilanciamento tra i contrapposti interessi, quello del privato di ricevere soddisfazione della propria legittima pretesa pecuniaria, in virtu' della piena applicazione delle comuni regole del diritto privato e del diritto processuale civile, e quello pubblico, volto a ristabilire ordine nei conti dell'ente, sacrifica pesantemente il primo senza che vi sia una reale contropartita in favore del secondo, specie in assenza di ogni garanzia circa l'effettiva esecuzione di attivita' di ricognizione dei debiti e di pianificazione dell'adempimento da parte dell'Amministrazione regionale sanitaria, affidato all'insondabile disponibilita' di quest'ultima. La costante reiterazione del termine di esigibilita' dei crediti inoltre e' prassi che mal si concilia con i canoni di adeguatezza e ragionevolezza. La normativa censurata presenta altresi' aspetti di contrasto con il principio della liberta' di iniziativa economica privata, sancito dall'art. 41 Cost. Nella maggior parte dei casi, i soggetti che intrattengono rapporti economici con le amministrazioni pubbliche sanitarie sono in prevalenza imprenditori, i quali hanno stipulato con queste contratti per la fornitura di beni o di servizi a seguito di procedure di evidenza pubblica. Per un imprenditore, in misura forse piu' accentuata rispetto ad un ordinario creditore, la puntualita' nel ricevere i pagamenti costituisce un fattore decisivo per il buon andamento e spesso per la sopravvivenza stessa dell'impresa. L'affidabilita' del contraente nell'adempiere alle obbligazioni assunte, rispettando i tempi pattuiti, rende possibile una saggia e piu' serena programmazione dell'attivita' d'impresa, ridimensiona notevolmente la necessita' del ricorso ad onerosi prestiti e finanziamenti bancari, consente all'imprenditore di rispettare le scadenze dei pagamenti, ai quali sia a sua volta tenuto. Non a caso, i rilevanti condizionamenti che la materia dei pagamenti produce sul libero mercato e la concorrenza hanno sollecitato l'interesse dell'ordinamento comunitario. Sul punto, la direttiva 2011/7, e prima ancora la direttiva 2000/35, hanno introdotto a livello comunitario una normativa generale contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Nel terzo considerando, la direttiva 2011/7 evidenzia che i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali influiscono negativamente sulla liquidita' e complicano la gestione finanziaria delle imprese. Essi compromettono anche la loro competitivita' e redditivita' quando il creditore deve ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. Il rischio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l'accesso al finanziamento diventa piu' difficile. Nel sesto considerando, la stessa direttiva ricorda che la Commissione ha sottolineato la necessita' di creare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualita' dei pagamenti nelle transazioni commerciali. E utile osservare - continua la Direttiva - che alle pubbliche amministrazioni spetta una particolare responsabilita' al riguardo. Nel ventitreesimo considerando, si evidenzia poi che lunghi periodi di pagamento e ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni per merci e servizi determinano costi ingiustificati per le imprese. E' pur vero che il venticinquesimo considerando da' atto che particolarmente preoccupante e' la situazione dei servizi sanitari in gran parte degli Stati membri. I sistemi di assistenza sanitaria, come parte fondamentale dell'infrastruttura sociale europea, sono spesso costretti a conciliare le esigenze individuali con le disponibilita' finanziarie, in considerazione dell'invecchiamento della popolazione europea, dell'aumento delle aspettative e dei progressi della medicina. Per tutti i sistemi - continua la Direttiva - si pone il problema di stabilire priorita' nell'assistenza sanitaria in modo tale da bilanciare le esigenze dei singoli pazienti con le risorse finanziarie disponibili. Gli Stati membri dovrebbero quindi poter concedere agli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria una certa flessibilita' nell'onorare i loro impegni. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il periodo legale di pagamento fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario. Gli Stati membri, tuttavia, dovrebbero adoperarsi affinche' i pagamenti nel settore dell'assistenza sanitaria siano effettuati in accordo con i periodi legali di pagamento. Anche secondo la prospettiva comunitaria, dunque, la particolare situazione dei servizi sanitari, se consente la previsione di proroghe del periodo legale di pagamento, certamente non puo' giustificare il sostanziale blocco degli stessi per periodi che, nel nostro Stato, raggiungono i tre anni e sette mesi, e che quindi di durata limitata non sono. Questa situazione comprime notevolmente le transazioni commerciali, in contrasto con l'art. 14 del Trattato, secondo il quale gli operatori economici dovrebbero essere in grado di svolgere le proprie attivita' in tutto il mercato interno, in condizioni tali da garantire che le operazioni transfrontaliere non comportino rischi maggiori di quelle poste in essere all'interno dei singoli Stati membri. Il legislatore italiano ha dato attuazione alla richiamata direttiva 2011/7 con il d.lgs. 9 novembre 2012, n. 192, che ha apportato modificazione al d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, di recepimento della precedente direttiva 2000/35, che ha incluso nel suo ambito di applicazione anche le pubbliche amministrazioni, allo scopo di contrastare la loro cronica lentezza nell'adempiere ai propri debiti. L'art. 4, comma 1, d.lgs. 231 del 2002 ha fissato il fondamentale principio secondo cui gli interessi (moratori) decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento. Non puo' passare inosservato il comportamento contraddittorio del legislatore italiano che, da un lato, con il d.lgs. 231/2002 traccia una disciplina generale, anche in attuazione della normativa comunitaria, volta ad indurre le amministrazioni pubbliche ad effettuare con regolarita' e tempestivita' i pagamenti dovuti e, dall'altro, con l'art. 1, comma 51, legge n. 220 del 2010, nel testo in atto vigente, consente una deroga che, in ragione del procrastinarsi nel tempo a causa delle proroghe reiterate, e' destinata a non essere piu' connotata da una natura speciale. Nei fatti, la normativa criticata spinge le grandi imprese multinazionali del settore sanitario (che sono quelle che investono maggiormente nella ricerca e nell'innovazione) ad abbandonare il mercato italiano, con effetti negativi sull'efficienza del sistema sanitario, costretto ad avvalersi di prodotti (medicinali, attrezzature medicali, servizi e quant'altro) non innovativi e comunque di qualita' non ottimale, con un'alterazione del corretto funzionamento del mercato unico e, nello stesso tempo, con ripercussioni negative sulla qualita' del servizio sanitario. 3) Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, questo Tribunale solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 51 della legge 12 dicembre 2010, n. 220, come modificata dall'art. 6-bis del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 41 e 111, comma 2, della Costituzione, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del presente giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della decisione della Corte costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del cod. proc. amm. ed art. 295 c.p.c. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese.